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befana

Ah, è arrivata la Befana che spazza via le feste e l’anno vecchio, invitandoci a fare altrettanto con le nostre vecchie abitudini!

Chiudiamo il 2013, almeno in Facebook, con le stesse identiche statistiche di sempre:

statistiche 6 gennaio 2014

Le Befane sono in stramaggioranza!

Siamo quindi soprattutto colleghe, anche se parliamo sempre di colleghi perché così ce lo impongono le regole della lingua italiana.

Nel 2013 ho dovuto riflettere parecchio sul significato che la parola “colleghi” ha per me. Come tutti, ho il difetto di riflettere su certe cose solo quando fanno nascere problemi, e spesso mi rendo conto solo allora che fino a quel giorno davo per scontato un mucchio di cose.

Ha girato e sta girando in rete e in Facebook un articolo – uno dei tanti – che avverte contro le conseguenze collettive della decisione, presa da singoli, di lavorare gratis (aggiungiamoci anche il pressoché gratis).

L’articolo, dal titolo “La generazione lavoro gratis per avere una vetrina” non è scritto da una traduttrice, bensì da una giornalista medico. E quando l’ho condiviso, neanche l’avevo letto. Perché l’argomento, per me, era chiuso da anni.

Per anni ho dato per scontato che tutti quanti abbiamo la stessa idea di cosa significa essere colleghi. Anche se sono ugualmente anni che vedo e sento presunti colleghi difendere ad alta voce comportamenti propri che sono, secondo me, palesemente non collegiali. Comportamenti non etici quindi, poiché vengono attuati in un ambito in cui ogni gesto del singolo ha inevitabilmente ripercussioni sull’immagine collettiva che hanno i clienti dell’intera categoria professionale. Ho smesso, anni fa, insieme ad altri, di spiegare questo mio punto di vista. Che non è per niente il mio punto di vista personale, e lo dimostra l’esistenza dei codici etici, formulati proprio per questo motivo. Da secoli. Anche dai traduttori.

Il ragionamento che secondo me devi fare quando sei il collega di altri mi sembra di una semplicità unica: con la mia attività professionale, cioè con quello che so fare (e che per fortuna mi piace), devo poter guadagnare il mio pane quotidiano, esattamente come devono poterselo guadagnare tutti gli altri colleghi. I miei clienti, a loro volta, guadagnano il loro pane quotidiano grazie al mio lavoro. Tuttavia, i miei clienti sono anche, nessuno escluso, i potenziali clienti di tutti i miei colleghi. Di conseguenza, se io mi metto a regalare il mio lavoro, e convinco altri a fare altrettanto, metto in moto un meccanismo che a lungo andare costringerebbe tutti i miei colleghi a regalare anche il loro lavoro. Anni fa dicevamo, a chi difendeva la propria decisione di lavorare gratis perché era l’unico modo per entrare nel mercato, che prima o poi ci sarebbe tornata la zappa sui piedi. Oggi la zappa è arrivata, e non è quella di una nuova generazione: è la nostra.

Come le scatole cinesi, il ragionamento qui sopra ne contiene un altro che davo altrettanto per scontato e che riguarda il concetto di mercato: se lavori, ti fai pagare, indipendentemente dal fatto che lavori per passare il tempo, arrotondare lo stipendio, iniziare una carriera da autonomo, realizzare un tuo sogno, per prima, seconda o terza occupazione. Se ti fai pagare fai automaticamente parte di un mercato, e questo mercato siamo tutti noi. Ma anche se decidi di non farti pagare, ti muovi sempre nello stesso identico mercato. Il mercato infatti altro non è se non quel luogo in cui si incontrano delle persone che hanno bisogno dei nostri servizi per poter guadagnare a loro volta e, di conseguenza, far guadagnare noi che quel servizio siamo capaci di offrirlo.

Ecco, secondo me, comprendere il significato delle parole collega e mercato è decisamente la prima cosa da fare obbligatoriamente quando inizi a pensare di voler diventare traduttore, o quando lo sei già e devi prendere le tue decisioni professionali. Non diventi solo un traduttore. Diventando traduttore, diventi automaticamente e inevitabilmente il collega di altri traduttori che si muovono in un mercato, che per definizione è il luogo dove tutti quanti dobbiamo guadagnare il nostro pane quotidiano, a prescindere dal tipo di testi che traduciamo e a prescindere dal tipo di clienti con cui ci relazioniamo.

Ovviamente dà grande soddisfazione potersi fregiare del titolo di collega, ma quel titolo, non dimentichiamolo mai, implica tanto vantaggi quanto doveri e responsabilità che sei tenuto ad assumerti nei confronti di coloro di cui sei diventato/vuoi diventare/sei già collega.

Diventando traduttore, di qualunque tipo, entri in un gruppo, in una collettività, in una categoria professionale. Questa, per poter continuare ad esistere e a garantire il pane quotidiano ai suoi membri, non può permettere agli stessi di fare delle cose che le tolgano valore e incidano sulla sua immagine pubblica di fronte a chi, sul mercato, valuta i servizi che offre e ne usufruisce. A me, come singolo individuo, non è dunque permesso di fare delle cose, nell’ambito del mio lavoro, che possano danneggiare, a lungo o breve termine, i miei colleghi. Ho il dovere, rispetto alla collettività di cui entro a far parte, di mettere da parte i miei soli vantaggi personali e riflettere bene sulle conseguenze delle mie decisioni e azioni per l’intera collettività e la professione stessa.

È chiaro che per costruirsi una vetrina è anche possibile ricorrere a uno scambio senza passaggio di denaro, lo faccio anche io. Purché a quei soldi rinuncino entrambe le parti. E purché i vantaggi soddisfino ognuna delle parti in egual misura. Nel nostro caso possiamo per esempio proporre, a chi ha scritto un articolo, di tradurlo: noi mettiamo nella nostra vetrina la nostra traduzione e il suo nome, lui espone nella sua il nostro nome e un link alla nostra traduzione. Se non è possibile questo, si trova un altro tipo di scambio equo. Tuttavia non bisogna dimenticare mai, nel caso specifico, che se tu esponi la tua traduzione, devi anche essere in grado di garantire all’autore che con la tua traduzione fai fare bella figura anche al suo testo.

Il mio sito, Italia Magia, genera regolarmente proposte di scambio, la maggior parte delle quali mi insegna che, se la gente usasse per i propri affari la stessa quantità di fantasia che impiega per imbrogliare gli altri, oggi non staremmo qui a parlare del fenomeno “lavorare gratis” e di “collegialità” o di “etica e morale professionale” come se fossero un problema.

Visto che il mio sito si rivolge agli appassionati dell’Italia, solitamente chi mi contatta sono i tour operator. Iniziano dandomi subito del tu, cantando le lodi del mio sito: “Ma quanto sono interessanti i tuoi articoli sulla Spagna!” (sic!). Proseguono poi con: “Ci piacerebbe proporti uno scambio. Noi scriviamo un articolo per te e tu lo pubblichi sul tuo sito.” “Siamo certi che apprezzerai, in fondo non dovrai fare nulla.”

Tradotto: Questo non vuole pagare lo spazio pubblicitario che altrove paga centinaia di euro. Vediamo il testo che ha allegato. Apro, chiudo e rispondo:

“Caro X. Il mio mestiere è scrivere. I miei clienti, ovvero altri tour operator, pagano profumatamente per ricevere da me dei testi da pubblicare sui loro siti o nelle loro brochure. Mi pagano perché scrivo per loro dei testi capaci di convincere i loro clienti a prenotare istantaneamente un viaggio. Nel Suo caso, a scrivere l’articolo ci ha già pensato Lei. Se io avessi un interesse particolare per la Sua azienda, potrei pure considerare la possibilità di regalarLe uno spazio pubblicitario sul mio sito sotto forma di un Suo articolo. Purtroppo, tuttavia, non posso permettermi, né gratuitamente, né a pagamento, di esporre nella mia vetrina di scrittrice e traduttrice un testo come quello che Lei mi ha allegato, che per quanto mi riguarda non può finire neanche nel giornalino della scuola media di mio figlio. Nel caso fosse interessato a conoscere sia il prezzo di un articolo scritto da me, sia quello di uno spazio pubblicitario sul mio sito per un articolo scritto in modo professionale, sarò lieta di fornirLe tutti i dati del caso. Se la Sua azienda è invece interessata a uno scambio di pubblicazioni professionali e di link, ricevo e valuto volentieri proposte in tal senso.”

Ecco, perfino sulla parola scambio bisogna riflettere bene. Sia prima di proporlo, sia prima di accettarlo.

Oggi la Befana spazza via le feste e con esse un periodo in cui, invece di lavorare e riflettere, abbiamo dato precedenza all’ozio, alle coccole famigliari e al riposo. Da domani inizio di nuovo a lavorare. E come me anche voi, miei numerosi colleghi. Tentiamo tutti, quest’anno, di lavorare con un pensiero rivolto anche ai nostri colleghi, pur continuando a lavorare ognuno per conto proprio.

Frauke&Stefano

PS1 Ringrazio la collega Alice De Carli Enrico per la sua paziente rilettura e revisione.

PS2 La Befanina e la foto appartengono a Stefania La Rosa (specializzata in giapponese – stefanialarosa@libero.it) che ringrazio di cuore per il suo umorismo e per l’ispirazione!

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{ Dopo aver sperimentato con successo per un paio di mesi un gruppo di aiuto terminologico per la combinazione specifica italiano-tedesco e dato che diversi iscritti hanno chiesto di fare altrettanto per altre lingue, Stefano e io abbiamo creato alcuni nuovi gruppi di supporto terminologico per le seguenti combinazioni specifiche:

Va da sé che ognuno è libero di iscriversi al gruppo di cui pensa di poter aver bisogno o a cui vuole dare il proprio contributo, anche se lavora con una combinazione diversa.

Nuovi gruppi, nuove regole

Creando i nuovi gruppi, abbiamo sentito l’esigenza di cambiare anche le regole da rispettare. Nelle nuove regole, pubblicate nella sezione Informazioni di ciascun gruppo, abbiamo reso esplicito quello che agli albori di internet e delle mailing list per traduttori professionali era implicito:

  1. Comunica in una delle due lingue del gruppo.
  2. Non sono permesse domande riguardo a traduzioni attive, ossia dalla madrelingua alla lingua straniera. Si fa eccezione per chi si identifica come studente o per il professionista che ha un problema personale e/o privato da risolvere.
  3. Controlla prima se il tuo problema è già stato risolto precedentemente nel gruppo: usa la funzione di ricerca in alto a destra (lente d’ingrandimento).
  4. Indica sempre il contesto in cui si trova il problema da risolvere.
  5. Evita di reagire emotivamente a opinioni diverse dalle tue.
  6. Fare conoscere prodotti o servizi – tuoi e di terzi – che riguardano la nostra professione è normale, fare pubblicità non lo è.
  7. Evita in generale tutti i post che rubano spazio e tempo a chi ha attivato le notifiche del gruppo.

Gli studenti iscritti alle varie pagine per i traduttori professionisti sono numerosi. Che siano consapevoli di muoversi in un ambiente professionale il cui livello qualitativo, durante gli ultimi dieci anni, si è abbassato notevolmente a causa di vari fattori. Nonostante ci sia e ci sarà sempre un mercato per ogni livello e ogni prezzo, invitiamo tutti – studenti e professionisti – a impegnarsi in questi gruppi per interrompere il processo di svuotamento del concetto di competenza professionale tipico di questo periodo storico. Iniziamo di nuovo ad arricchire questo terreno impoverito affinché non sia più oggetto di deprezzamenti di ogni sorta. Proviamoci, almeno.

Stefano & Frauke

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{ Dopo un lungo silenzio, approfittiamo del superamento della soglia dei 4000 iscritti sulla pagina Facebook dei Liberi Professionisti Traduttori, verificatosi sabato sera, per fare un bilancio di questi primi 16 mesi di attività.

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Superata la soglia dei 4000 iscritti!

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4000 iscritti è un numero niente male che, da quando abbiamo creato la pagina (febbraio 2010), continua a crescere con un ritmo costante. Sabato sera avevo scritto in un post che non era dato sapere chi fosse il “numero” 4000, invece Stefano ovviamente lo ha trovato: Gianluca Di Pasquale da Palermo. Per lui e gli altri che nel frattempo si sono aggiunti, riassumo la storia della nascita della pagina per i traduttori freelance in Facebook.

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Non mi ricordo la data precisa, ma era febbraio 2010: sulla mailing list Langit si svolgeva una discussione molto animata sulla ricerca di traduttori italiani pubblicata sul portale ProZ.com che secondo tutti oltrepassava ogni limite dell’accettabile. Si decise collettivamente di inoltrare una lettera di protesta al Ministero per il Turismo italiano e a ProZ. Ero un po’ meravigliata. Per me l’inaccettabile nelle “offerte” di traduzioni su ProZ e altrove era stato superato da molto tempo e non capivo perché proprio questo annuncio in particolare avesse suscitato un’indignazione così grande. Ad ogni modo, ebbe come risultato che, per la prima volta in una decina di anni, ci fu una forma di aggregazione fisica tra i traduttori di Langit e di ProZ che oltrepassava finalmente la piattaforma virtuale di internet su cui ci eravamo “incontrati” anni prima.

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Leggi l'articolo originale pubblicato su ProZ.com

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La lettera al Ministero fu seguita da una lettera a ProZ, che ebbe come conseguenza un invito a partecipare a una tavola rotonda virtuale con i dirigenti del famoso portale. Non ebbe i risultati che noi volevamo, ma furono comunque cambiati alcuni punti pratici. Allo stesso tempo, tra una lettera e un’altra, decisi di aprire un gruppo in Facebook che, su proposta di Stefano e altri, cambiai quasi subito in pagina. L’adesione fu enorme. Da qualche parte scrissi che in meno di tre giorni avevamo raccolto 433 iscrizioni.

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Il logo di LPT

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Stefano si rivelò da subito esperto di internet, programmi di ogni genere e grafica. Insieme abbiamo dato vita man mano ad altri progetti. La nostra collaborazione – non ci eravamo mai conosciuti prima di quel giorno a febbraio – risultò nella creazione di diverse pagine, ognuna delle quali con il proprio blog. Tra queste La Rassegna del Traduttore, espressione della passione di Stefano per i glossari e i feed RSS e del suo senso innato dell’ordine e della precisione, e  Traduttore Cerca Aiuto, il cui blog – come alcuni di voi già sapranno – si è classificato al 25° posto nella classifica Top 25 Language Professionals Blogs.

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Il blog di TCA è uno dei 25 Top Language Professionals Blogs del 2011!

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La pagina Liberi Professionisti Traduttori continua ad avere lo stesso scopo per cui avevo creato il gruppo originario: informare, mettere a disposizione in un solo punto di raccolta, i “dati” sparsi per internet riguardo alla professione del traduttore, con l’accento sul lato imprenditoriale, tralasciando gli aspetti puramente linguistici ai quali sono dedicati i feed de La Rassegna e la pagina Traduttore Cerca Aiuto. Se il mio intento iniziale – quello di aiutare i freelance traduttori o collaboratori delle aziende in campo linguistico centralizzando molte delle informazioni presenti nella rete – stia riuscendo, non posso saperlo né pretendo di poterlo sapere. Abbiamo semplicemente cavalcato l’onda di Facebook, Twitter e blog che, se non altro, si è dimostrata efficace anche nel convincere “la gente” dell’Italia ad andare a votare al referendum dello scorso 12 giugno.

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Se i social network riescono ad ottenere un risultato del genere in soli 3 mesi, abbiamo buone speranze che col tempo anche le informazioni che appaiono sulla nostra pagina cambino qualche cosa nei traduttori che decidono di costruire da soli il loro stipendio e il loro presente e futuro.

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Frauke

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{ Su Langit e altrove si è svolta (e si sta ancora svolgendo) in questi giorni una discussione sulla base di un articolo di Chiara Santoriello “I vantaggi derivanti dall’istituzione di un Ordine Professionale” pubblicato su La Nota del Traduttore il 18 aprile del 2005.

E’ stato citato anche il trafiletto di Altrinit del 2008 che si riferisce ad un fatto del 2007 e una sua rassegna stampa di notizie che riguardano sia la riforma degli ordini, sia le vicissitudini dei traduttori ed interpreti dei tribunali.

Gianfranco Manca ha dedicato un sito alla questione:  www.albo-si-albo-no.org , ma mi sembra che vada comunque ben oltre la mera questione di  “albo si o no”.

E’ da giorni che cerco di capire perché sono allergica alla parola “albo” messa insieme con “traduttori”.  Esistono fin troppe buone ragioni razionali per non abbinare queste due parole, ma ce ne deve essere una fondamentale che non sono ancora riuscita a trovare.  Quindi mi limito a segnalarvi la discussione, gli articoli e il sito.

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{ Da quando Stefano ha creato la Rassegna del traduttore in fb, mi sto rendendo conto che il filo della rete è molto meno sottile di quanto sembrasse, ma anche di una pecca di molti dei miei giovani colleghi italiani (o aspiranti tali).

Su Lantra, su Vertalerslijst (olandese) e su Rosetta-l oggi parlano proprio degli articoli passati in Rassegna da Stefano, che mi avevano colpito fin da subito:

Are you a professional translator? If so, yo do not lower your translation rates di Marcela Jenney

e:

Just what do you take me for? di Wendell Ricketts.

Perché anni fa, chi era iscritto a Langit, era anche iscritto alle liste internazionali, mentre ora non sento altro in giro che lamentele per i troppi messaggi e “me ne basta una di queste liste”?.

Se la dico io, una frase del genere, posso capirmi. Il tempo per leggere tutto non ce l’ho più perché devo dedicare la maggior parte delle mie ore alle traduzioni dei miei clienti.

Ma chi vuole iniziare, chi deve cercarsi clienti, chi vuole conoscere colleghi, chi deve farsi un’idea del modo MIGLIORE per iniziare, chi vuole capire come si fa esperienza, come si formano i prezzi, quanto si chiede senza rischiare di prostituirsi, senza svalorizzare la professionalità di chi ci vive già di questa professione, di cosa sia la formazione di un traduttore eccetera, non può NON iscriversi ad almeno una delle mailinglist internazionali. Una perdita di tempo? No, è un INVESTIMENTO, ed è un investimento fondamentale per il futuro (e per il presente). 

Quando si parla delle aziende e dei loro investimenti, noi pensiamo subito a soldi e macchinari. Lo traduciamo in “comprare computer, programmi e dizionari”. E il know how???? Dove lo mettiamo? Sei ore dietro al computer a leggere i messaggi di interesse comune sulle liste nazionali ed internazionali, sono sei ore investite nel proprio futuro, anche IMMEDIATO.

Non stai guadagnando dei soldi ORA leggendoli, ma stai senza alcun dubbio guadagnando quelli di domani.

Almeno 1 lista internazionale è d’obbligo per un traduttore che si prepara ad un futuro con prezzi ben diversi da 0,01 – 0,06 euro a parola. Quando uno vuole imparare dagli altri, non va a cercare chi ha gli stessi problemi suoi, ma chi quei problemi nemmeno li conosce, oppure li ha già risolti, oppure spiega come si risolvono. Quindi, soprattutto all’estero, dove il freelancer è un concetto ben radicato.

Salterà all’occhio che non nomino ProZ tra le possibili fonti internazionali. Non la cito. Perché oggi devo concludere che non posso oggi annoverarla tra le fonti internazionali autorevoli per quel che riguarda i corretti comportamenti imprenditoriali del traduttore freelance. Se lo fosse stata, oggi l’avremmo festeggiata, non criticata.

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